Ipotesi sugli inebrianti eleusini

The hypothesis on the Eleusinian intoxicants

Lo studio dell’uso tradizionale delle droghe psicoattive presso una moderna o antica popolazione segue generalmente un percorso di indagine parallelo agli studi antropologici, archeologici, filologici, ecc., relativi a quella data cultura, e di frequente non si “interseca” con questi. Non intersecarsi significa non confrontarsi. Mentre lo studioso di droghe psicoattive (solitamente etnobotanico o psicofarmacologo) fa ampio uso delle conoscenze antropologiche, etnografiche, archeologiche e – nel caso di culture letterate – filologiche, acquisite su quella data popolazione per l’analisi del rapporto di questa con le droghe, archeologi e classicisti di rado utilizzano i risultati di tali ricerche, vuoi perché ignari della loro esistenza o vuoi perché considerati lavori non meritevoli o non sufficientemente attendibili non essendo firmati da riconosciuti colleghi.

Se nelle pubblicazioni degli studiosi delle droghe psicoattive si possono presentare errori o inesattezze nell’utilizzo dei dati archeologici e filologici – errori dovuti a limiti di competenza e alla cronica carenza di concreto sinergismo interdisciplinare – e che possono forse fare sorridere per la loro ingenuità classicisti e archeologi -, d’altro canto la letteratura prodotta da questi ultimi continua a ospitare errori e inesattezze di natura etnobotanica – dovuti a limiti di competenza e alla cronica carenza di concreto sinergismo interdisciplinare – che possono far sorridere per la loro ingenuità gli studiosi delle droghe psicoattive. Due mondi, due campi di indagine specialistici che non si confrontano.

Volgendo lo sguardo ai Misteri Eleusini, l’incomprensione fra classicisti ed etnobotanici è esacerbata dalla carenza di informazioni certe su pratiche rituali rimaste avvolte dal segreto, in quanto misteriche, e dall’estrema complessità dei relativi studi filologici ed etnobotanici. Eppure, lo studio degli inebrianti, o meglio dell’etnobotanica e della psicofarmacologia dei Misteri Eleusini, potrebbe essere preso come esempio di studio ampiamente multidisciplinare, in cui discipline umanistiche sono coinvolte per la soluzione o i tentativi di soluzione di problemi di carattere etnobotanico e, viceversa, in cui contributi decisivi del campo dell’ etnobotanica possono arricchire le discipline umanistiche (Samorini, 2008).

L’ipotesi che nei Misteri Eleusini venisse utilizzato un qualche inebriante è di lunga data. Nell’ampia saggistica eleusina il ciceone – la bevanda eleusina per eccellenza – è stato frequentemente considerato una bevanda narcotica a base di oppio o una bevanda alcolica. Il papavero da oppio è una pianta frequentemente rappresentata in associazione con Demetra. In effetti, diversi studiosi identificarono il glechon/blechon della ricetta del ciceone eleusino con il papavero (si veda Il ciceone elusino). Petazzoni (1924) considerava il ciceone una miscela di diversi ingredienti, usato “come bevanda mistica eccitante e forse, per chi era a digiuno, lievemente inebriante”. Nella seconda metà del XX secolo, con l’acquisizione di nuove conoscenze riguardo quel particolare tipo di droghe psicoattive denominate “allucinogeni” e il loro ruolo religioso ricoperto presso diverse culture umane attuali e del passato, si aprì la strada per un’interpretazione “enteogenica” delle rivelazioni eleusine.1

Mantenendo un’osservazione limitata agli studiosi moderni, di seguito vengono esposte le diverse ipotesi che sono state avanzate nei confronti dei possibili inebrianti eleusini.

Nel 1956, Robert Graves aveva dato alle stampe un saggio, Food for Centaurs, nel quale metteva in rilievo l’uso ritualizzato di funghi psicotropi presso la cultura greca, giungendo a ipotizzare che le iniziali delle parole greche relative agli ingredienti del ciceone (acqua, orzo, menta) formassero la parola segreta “muka“, in diretta associazione con “muk(or)” (“fungo”).

In un’appendice al suo saggio sui Misteri Eleusini, Karol Kerényi (1962) si sofferma sulla preparazione e sugli effetti del kykeon, riferendosi alla ricetta data nell’Inno Omerico a Demetra: chicchi di orzo e acqua, mescolata con glechon tenero. L’acqua e l’orzo tostato producono una bevanda di malto che diventa alcolica dopo fermentazione. Ma Kerényi fa giustamente notare che nell’Inno Omerico Demetra non attende la fermentazione della bevanda per berla, allo stesso modo degli iniziandi al rito eleusino. D’altronde lo stesso autore non esita a considerare il ciceone come una bevanda visionaria e, nella ricerca dell’ingrediente farmacologico responsabile, focalizza l’attenzione sulla menta: “La questione farmacologica, che non trova ancora risposta, si riferisce all’effetto del terzo ingrediente, dopo l’acqua di orzo tostato, cioè il glechon o blechon, Mentha pulegium. La menzione alle sue foglie “tenere”, cioè fresche, è certamente non priva di importanza. In attesa di una precisa identificazione della specie, sappiamo che si tratta di una qualche varietà di menta (..) A larghe dosi [l’Oleum pulegii] induce delirio, perdita di coscienza e spasmi” (Kerényi, 1991: 179).

Citando l’esempio di un’altra pianta della medesima famiglia delle Labiatae impiegata in Messico per le sue proprietà visionarie, la Salvia divinorum Epling et Játiva, Kerényi conclude a favore della menta quale chiave psicofarmacologica eleusina, avvalendosi anche di un’affermazione, forse un poco forzata, di Albert Hofmann, il chimico che scoprì l’LSD: “Gli oli volatili contenuti nell’olio di menta (Oleum pulegii) aggiunti al contenuto alcolico del ciceone, potrebbero ben aver prodotto allucinazioni in persone la cui sensibilità era intensificata dal digiuno” (Kerényi, 1991: 180). E’ strano che Hofmann pensi qui a un contenuto alcolico del ciceone. Egli in seguito corresse la sua posizione affermando che “Kerényi aveva sovrastimato le proprietà psicoattive della Mentha pulegium e, in ogni caso, questa menta è chiaramente non sufficientemente forte tale da autorizzare quelle istanze dell’uso profano e accompagnate da pene severe che furono inflitte durante il grande scandalo del 415 a.C.”2

Nel 1968-69 lo studioso tedesco Wolfgan Schmidbauer pubblicò un articolo dal titolo Halluzinogene in Eleusis?, in cui discuteva l’ipotesi avanzata da Graves dell’uso di un fungo allucinogeno nei Misteri Eleusini. Lo studioso rimase affascinato dall’ipotesi di un allucinogeno, in particolare l’Amanita muscaria e, ritenendo di non poter comunque escludere con certezza la presenza dell’oppio in questi riti, indeboliva di fatto quest’ultima secolare ipotesi con interessanti argomentazioni psicofarmacologiche: “Tutte le descrizioni degli stati di ebbrezza indotti dall’oppio concordano sul fatto che esso induce uno stato di euforia egocentrica, ma non una predisposizione alle visioni collettive. E’ assai difficile pronunciarsi in merito al rito dei Misteri Eleusini senza ammettere che si esperissero tali visioni” (Schmidbauer, 1968-69: 25). L’autore, un po’ eccitato dalle novità della “idea enteogenica”, verso la fine dell’articolo avanzava in maniera fantasiosa la possibilità, a parte l’Amanita muscaria, dell’”allucinogeno” Peganum harmala (ruta siriaca) quale possibile candidato agente psicotropo eleusino (ibid. :35). I semi di questa pianta sono noti non tanto per le sue proprietà psicoattive intrinseche – comunque lievi – quanto per le sue potenzialità sinergiche in associazione con altri vegetali o sostanze psicoattive, specie quelle allucinogene. Come pianta medicinale nota e utilizzata presso le antiche culture del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, non è da escludere il fatto che la proprietà di potenziare gli effetti di altre droghe fosse già stata scoperta e valorizzata nei tempi antichi (cfr. Samorini, 1995). In effetti, è stata proposta l’identificazione della ruta siriaca con l’haoma dell’Avesta iraniano (Flattery e Schwartz, 1989).3

Per quanto riguarda la paternità originaria dell’ipotesi che il ciceone fosse una bevanda “allucinogena” o “enteogena”, la situazione appare confusa ed è stata analizzata in altra sede (Samorini, 2000), giungendo a denominare “Ipotesi di Graves-Wasson” l’idea che vede un allucinogeno alla base del rito e della visione eleusina. E la prima ipotesi riguarda i funghi psicoattivi, sia l’agarico muscario che i funghi psilocibinici.4

Graves riteneva che a un certo punto l’Amanita muscaria fosse stata sostituita con i funghi psilocibinici, come sembra fosse accaduto in India con il Soma:

“Si dice che il segreto che Demetra diffuse per il mondo da Eleusi tramite il suo protetto Trittolemo fu l’arte di seminare e raccogliere l’orzo. Sul suo carro trainato da serpenti, egli andò di paese in paese a rivelare il segreto. Qui qualche cosa non quadra. Trittolemo appartiene al II millennio a.C. e il grano (orzo), ora lo sappiamo, fu coltivato a Gerico e in altre parti del mondo a partire da 7000 anni prima di Cristo. Quindi, la notizia di Trittolemo non sarebbe stata una notizia. In realtà, credo ch’egli stesse annunciando una scoperta e, a causa di ciò, una modifica del rito (..) il segreto di Trittolemo sembra riferirsi ai funghi allucinogeni e credo che i sacerdoti di Eleusi avessero scoperto un altro fungo allucinogeno più facile da usare dell’Amanita muscaria” (Graves, 1984: 131-2).

Graves pensava al “panaeolus papilionaceus” (Panaeolus campanulatus) e insistette in questa identificazione in edizioni rivedute di suoi vecchi saggi (1960 e 1961[1992: 52]). Egli era evidentemente influenzato dalla visione del bassorilievo di Farsalo, dove due figure femminili, probabilmente Demetra e Persefone, tengono in mano dei probabili funghi (si veda I Misteri Eleusini nei reperti archeologici).

Entrambi Graves e Wasson, discutendo di allucinogeni nei Misteri Eleusini, si riferivano ai Grandi Misteri e al ciceone e non ai Piccoli Misteri. Anzi, Graves riteneva che “gli iniziati ai Piccoli Misteri di Eleusi (..) non avevano visioni celestiali. Probabilmente i sacerdoti non amministravano l’agente allucinogeno sacro sino a che non erano certi del merito del candidato; questo riceveva solo pane e vino” (Graves, 1984: 111), mentre in un altro scritto e seguendo gli studi di Magnien, ipotizzava che agli iniziandi venisse fatto bere un filtro soporifero (ibid., :97).

Si raggiunge quindi il 1978, anno di pubblicazione del libro di Wasson, Hofmann e Ruck, The Road to Eleusis, nel quale il fungo inferiore segale cornuta (ergot) fu proposto quale chiave psicofarmacologica del ciceone.

Poiché l’ergot è strettamente associato alle spighe di graminacee, orzo compreso, l’ipotesi di un suo coinvolgimento nella preparazione del ciceone eleusino appare plausibile.5 Seguendo questa ipotesi, l’“orzo” della ricetta eleusina sarebbe stato ergotato, o addirittura questo termine avrebbe ricoperto una funzione simbolica dietro cui si celava il vero principio psicoattivo, il suo fungo parassita. Gli Autori dell’ipotesi ergotica ritengono probabile che i neofiti eleusini erano tenuti all’oscuro di questo “Segreto dei Segreti” e che questa conoscenza era riservata e tramandata ai soli ierofanti (id., 1978: 53). La rigida selezione degli ierofanti, scelti fra i membri delle due sole famiglie elitarie degli Eumolpidi e dei Keryci, avrebbe facilitato il controllo della conoscenza del “Segreto dei Segreti”.

Anche la simbologia dei Misteri Eleusini, così come, più in generale, dei culti demetriaci del bacino del Mediterraneo, non è in contraddizione con la presenza di un enteogeno associato al ciclo cerealicolo, tutt’altro. La figura stessa di Demetra/Cerere, la “dea dei cereali”, quella di Trittolemo, che fu il primo a seminare il cereale e che viaggiò per tutto il mondo allora noto per diffondere le tecniche della cerealicoltura, il fatto che nel momento culminante del rito eleusino lo ierofante mostrava agli iniziati una “spiga di grano recisa”, il vaglio mistico e numerosi altri simboli e rituali eleusini si addicono al culto di un agente visionario associato al mondo della cerealicoltura, piuttosto che a un fungo dei prati o dei boschi montani. E questo agente visionario associato al ciclo cerealicolo esiste davvero, è a portata di mano in quasi tutto il mondo, dove l’uomo pratichi la cerealicoltura.

La segale cornuta è tossica se ingerita, ma contiene anche composti psicoattivi e, preparata in maniera adeguata, può trasformarsi in un agente puramente visionario. Non è certo un caso che il più potente allucinogeno a noi noto, l’LSD, sia sintetizzabile a partire dagli alcaloidi dell’ergot. Hofmann indica tre modi che i Greci dell’antichità classica avrebbero potuto scoprire per ricavare una bevanda psicoattiva dall’ergot: 1) raccogliere sclerozi dell’ergot più comune (Claviceps purpurea), tritarli e ricavarne una soluzione acquosa nella quale migrano gli alcaloidi psicoattivi e non quelli tossici; 2) utilizzare gli sclerozi di una particolare specie di ergot (Claviceps paspali) che cresce su determinate specie di graminacee, fra le quali Paspalum distichum L., e che si è dimostrata produttrice dei soli alcaloidi psicoattivi, per cui direttamente utilizzabile (ingeribile);6 3) la terza possibilità si basa sulle proprietà specifiche delle specie di loglio – in particolare Lolium temulentum L. e L. perenne L. – graminacee comuni in tutto il bacino del Mediterraneo. Conosciute sin dall’antichità per le loro proprietà ergotiche e inebrianti, le loro caratteristiche biochimiche e farmacologiche non sono ancora del tutto chiarite. Secondo Hofmann, è possibile che nell’antica Grecia fosse esistito un particolare tipo di ergot che cresceva sul loglio e contenente i soli alcaloidi psicoattivi.

L’ergot era noto ai Greci, i quali lo denominavano con il termine erysibe, e non può essere un caso che Demetra stessa portava l’epiteto di Erysibe.7 Teofrasto riportava che l’orzo era considerato particolarmente soggetto alla sua infezione.8

La graminacea ospite dell’ergot prescelto nel rito eleusino sarebbe stata appositamente coltivata nella vicina pianura Raria, la cui cura e il cui raccolto erano ad esclusiva gestione degli ierofanti del tempio di Eleusi. Un rito legato così intimamente alla produzione di un particolare ceppo di ergot non sarebbe stato facilmente trasportabile in altri luoghi, la qual cosa effettivamente accadde per i Misteri Eleusini. E’ noto che il vero e proprio rito eleusino non possedette mai delle succursali; “esso non fu trapiantato né ad Alessandria, né a Pergamo, e non fu possibile trasferirlo a Roma, come tentò invano l’imperatore Claudio” (Picard, 1951: 353). Questa difficoltà, più che per motivi politico-religiosi, fu forse dovuta a complicazioni di natura etnofarmacologica. Ma una recente scoperta archeologica contraddirebbe quest’ultima ipotesi, oltre a corroborare significativamente l’ipotesi ergotica: internamente al santuario di Demetra e Persefone di Mas Castellar de Pontós, vicino a Gerona, nel nord-est della Spagna, è stata riportata alla luce una mandibola umana fra i cui denti erano presenti frammenti di ergot. Altri frammenti di ergot sono stati ritrovati in un vaso del medesimo sito, congiuntamente a residui di lievito e di una specie di birra (non necessariamente alcolica). V’è da tener conto del fatto che la presenza dell’ergot non è stata riscontrata nei residui di farine dei mulini del medesimo sito archeologico; un fatto che fa pensare a una contaminazione intenzionale di ergot nella bevanda che era contenuta in quel vaso (Juan-Tresserras, 2000, 2002; Guerra, 2006: 138).

Probabile raffigurazione dell'ergot nel cosiddetto "Bicchiere di Efira", di produzione micenea e datato al 1500 a.C. Museo di Corinto, terracotta, altezza 8,5 cm (da Demargne, 1988, fig. 330, p. 238)

Probabile raffigurazione dell’ergot nel cosiddetto “Bicchiere di Efira”, di produzione micenea e datato al 1500 a.C. Museo di Corinto, terracotta, altezza 8,5 cm (da Demargne, 1988, fig. 330, p. 238)

Ma l’ipotesi di Wasson, Hofmann e Ruck non tratta solo del ciceone. Consapevole del fatto che nei Misteri Eleusini sono presenti almeno due enteogeni, uno associato ai Piccoli Misteri di Agra e l’altro rappresentato dal ciceone dei Grandi Misteri, Ruck ipotizzò che una specie di fungo e l’ergot fossero rispettivamente il primo e il secondo di questi enteogeni. Il fungo sarebbe stato originario della sfera di Dioniso, mentre l’ergot era associato alla sfera demetriaca. E’ importante sottolineare il fatto che l’ipotesi completa di Wasson e coll. prevede l’utilizzo di funghi psicoattivi accanto all’ergot nei Misteri Eleusini, poiché ciò non è stato tenuto in dovuta considerazione dagli autori che hanno in seguito criticato l’ipotesi ergotica in favore dell’ipotesi fungina.

La pianta dei Piccoli Misteri che, stando alla documentazione pervenutaci, apparirebbe la più probabile fonte psicoattiva è il “bulbo invernale” del narciso. Nel prato di Persefone, il narciso è spesso insieme all’iris e al giglio. Sono tutte piante a bulbo la cui fioritura ha luogo all’inizio della primavera o anche nel tardo inverno, specie in climi temperati come quello della Grecia. Secondo Esichio, una varietà di narciso – oggi di difficile identificazione – era chiamata “fiore di Demetra” (Cassola, 1981: 468). Persefone fu rapita da Ade proprio mentre stava raccogliendo questi fiori e i Greci ritenevano che il termine narkissos originasse da narke, “torpore”, per via delle supposte virtù inebrianti del suo profumo.9 In generale, tutti i bulboi, le piante a bulbo, erano ritenuti dotati di potere afrodisiaco (Chirassi, 1968: 144). Ma Ruck propende per l’ipotesi che vede un fungo nell’enteogeno dei Piccoli Misteri, affermando che “taluni aspetti del simbolismo dionisiaco suggeriscono che il bulbo invernale possa esser stato una metafora o l’analogo di un’altra pianta che sembra spuntare repentinamente da un bulbo ovale seppellito nella terra fredda” (Ruck, in Wasson et al., 1978: 118), con palese riferimento all’Amanita muscaria. Nonostante la crescita invernale di questo fungo possa essere messa in dubbio, la sua conservazione, in seguito ad essiccazione, può renderlo disponibile in diversi momenti dell’anno. In Grecia la sua presenza, congiuntamente a quella della congenere A. pantherina – dotata di affini e ancor più potenti proprietà allucinogene – è stata registrata sotto boschi di conifere, faggio, castagno e quercia (Zervakis et al., 1998).

Nel 1984 Mark D. Merlin ha dato alle stampe un saggio sulla storia antica del papavero da oppio, avvalendosi principalmente dei dati archeologici. Dalle sue ricerche egli ha concluso che le origini dell’uso di questa pianta sono da ricercare nell’Europa centrale e che la pianta raggiunse la Grecia e altre regioni del Mediterraneo orientale durante l’Età del Bronzo Finale.

Nel capitolo che tratta la Grecia, a proposito dei Misteri Eleusini Merlin afferma che l’ipotesi ergotica non esclude che nel culto eleusino fosse impiegato anche l’oppio: “Penso che le spighe di cereale e le capsule di papavero da oppio tenute nelle mani o presenti nelle ghirlande delle raffigurazioni sia di Demetra che di sua figlia Persefone, non solo siano da intendere quali simboli del buon raccolto, bensì simboleggino anche l’esperienza stessa del culto” (Merlin, 1984: 228). Merlin si spinge oltre nell’associazione fra oppio ed ergot: questi avrebbero potuto essere presenti congiuntamente nella bevanda del ciceone, in quanto l’oppio possiede proprietà antidote all’avvelenamento con gli alcaloidi dell’ergot. In effetti, la papaverina, alcaloide dell’oppio, è considerata un efficace antidoto alle intossicazioni ergotiche, al pari dell’atropina presente nelle solanacee psicoattive.

Ariballo corinzio con raffigurazione di una figura femminile che tiene in mano una pianta di papavero da oppio e sta di fronte alle due dee eleusine Demetra e Core. Museo Nazionale d’Atene, cat. 287 (Callipolitis-Feytmans, 1970, fig. 7, p. 56)

L’ipotesi di una presenza dell’oppio nei riti eleusini non è da escludere. Raffigurazioni delle capsule di papavero da oppio, troppo spesso confuse con i frutti di melagrane, sono innumerevoli nell’arte religiosa minoica, greca e romana. E’ un emblema associato al culto della Dea Madre dell’Età del Bronzo, se non in periodi addirittura precedenti (neolitici), ovvero in quei culti da cui originarono i Misteri Eleusini e gli altri culti demetriaci dell’antichità classica. Accanto alla spiga di cereale, la capsula del papavero da oppio è l’emblema vegetale maggiormente rappresentato nelle raffigurazioni di Demetra.

Nel 1986, in un brillante saggio sui culti demetriaci, Sfameni Gasparro manifesta una certa difficoltà nell’accettare l’ipotesi enteogenica di Wasson e coll., affermando che un’eventuale ruolo dell’enteogeno “nel procurare uno status psicologico di esaltazione negli iniziati non esaurisce il significato storico-religioso del fenomeno misterico” (Sfameni Gasparro, 1986: 67, n. 144); una considerazione priva di grossi significati, in quanto ogni fattore o aspetto – pur essenziale – di un culto misterico non ne esaurisce mai il significato storico-religioso. La classicista italiana conclude frettolosamente la discussione dell’ipotesi enteogenica prendendo a dimostrazione della sua tesi un dato non veritiero: “in molti contesti iniziatici (..) intervengono talora cibi o bevande capaci di modificare temporaneamente lo stato mentale dei partecipanti, senza che la funzione e struttura del rito siano riconducibili a tale elemento” (ibid. 1986: 67, n. 144). E’ sufficiente osservare le mitologie e le cosmogonie dei popoli tradizionali relative ai diversi vegetali psicoattivi – dall’ayahuasca ai funghi allucinogeni – per comprendere come numerose culture hanno posto il vegetale psicoattivo, che offre “rivelazioni” e “illuminazioni”, al centro del proprio sistema religioso e come fulcro del proprio sistema interpretativo dei diversi aspetti della realtà e della vita (Samorini, 1995).

Nel 1987 Walter Burkert – noto studioso della cultura greca – affronta la questione dell’uso di droghe nei riti eleusini e mostra di essere a conoscenza dell’ipotesi ergotica. Ma, da quanto scrive, è evidente che non la comprende (ad esempio afferma erroneamente che nell’ergot vi sono a volte tracce di LSD) così come, più in generale, che non conosce la storia dell’uso delle droghe. In particolare, a riprova dell’improbabilità dell’uso di droghe nel Telesterion eleusino, riferisce l’esempio offerto dai libri di Carlos Castaneda, che, come è ben noto, non hanno alcuna validità antropologica. Ma il passo falso più vistoso Burkert lo compie nelle sue conclusioni, affermando che il fattore scatenante la “beatitudine” eleusina è individuabile nel banchetto ch’era posto a conclusione del rito: “Ci sono buone ragioni per sottolineare una forma più semplice e concreta di beatitudine comune che era presente in tutti i misteri antichi: il banchetto, ovvero il condividere un pasto opulento” (Burkert, 1989: 144-5). E’ sufficiente ricordare l’episodio della profanazione dei Misteri da parte di Alcibiade (si veda Il ciceone eleusino) per comprendere che ciò che era profanabile non era certo una situazione così profana quale un banchetto opulento.

Un ultimo interessante contributo alla discussione sulla psicofarmacologia eleusina è stato recentemente proposto dallo studioso sloveno Ivan Valenčič (1994). Dopo un’attenta descrizione delle più importanti teorie enteogeniche eleusine, critica l’ipotesi ergotica, puntando il dito sul fatto che non si è ancora riusciti ad ottenere una pozione sufficientemente enteogenica dall’ergot. Inoltre, accanto agli alcaloidi dell’ergot, la Claviceps paspali produce alcaloidi a nucleo indolico di tipo tremorgenico, fra cui paspalina, paspalicina e paspalinina (Cole et al., 1977; Gallagher et al., 1980) i cui sintomi principali negli animali e, forse, nell’uomo, sono tremori e convulsioni. Se questi alcaloidi tremorgenici sono solubili in acqua – afferma Valenčič – allora sarebbero stati presenti anche nel ciceone eleusino, appesantendo quindi gli effetti collaterali della bevanda. In realtà e a differenza di quanto riportato da Valenčič, non tutti questi composti indolici sono caratterizzati da attività tremorgenica, in quanto paspalina e paspalicina hanno mostrato non possederne (Cole et al., 1977: 1200). Solo la paspalinina e altri suoi due derivati ritrovati in sclerozi di C. paspali della Louisiana (con un totale dello 0.16%) possiedono significative proprietà tremorgeniche. Questi alcaloidi sono stati estratti dagli sclerozi con cloroformio, un fatto che fa dubitare della loro solubilità in acqua. Ma tutto ciò ha importanza relativa in quanto, come abbiamo visto, le spighe di Paspalum e il loro fungo parassita C. paspali non erano presenti in Grecia nell’antichità (cfr. nota 6). Valenčič conclude ritrovandosi d’accordo con Graves circa l’ipotesi della presenza di funghi psilocibinici nel ciceone eleusino. Ma non offre una critica approfondita all’ipotesi di Wasson, a tal punto da non accorgersi che l’ipotesi completa di Wasson già contempla i funghi allucinogeni come uno dei due enteogeni eleusini.

 

Si vedano anche:

 

Note

1 – Il termine “enteogeno” per designare le droghe allucinogene origina dal greco e significa “rivelatore della divinità interiore”.

2 – Ruck, 1986, p. 162, nota 4. Più recentemente, in una comunicazione personale con Valenčič (1994: 328), Hofmann commentò ulteriormente: “La miscela di menta si accorda bene con l’ipotesi ergotica del ciceone, in quanto è ben noto che i preparati dell’ergot producono una lieve nausea che può essere contrapposta mediante la menta”.

3 – Riguardo l’esclusione di questa pianta – pur psicoattiva – come agente “allucinogeno” di per se, si rimanda alla discussione di Ott (1994, 1998) circa l’ipotesi che identifica il Peganum harmala con la bevanda iraniana haoma.

4 – La presenza di funghi psilocibinici in Grecia non sembra essere cospicua nel numero di specie, ma è indubbio che la ricerca a questo riguardo è ancora esigua. Guzmán (1999) segnala la presenza di Panaeolus sphinctrinus (Fr.) Quél. (Coprinaceae) e Zervakis e coll., (1998) vi aggiungono la presenza dei Pan. rickenii Hora, Pan. retirugis (Fr.) Quél. e Panaeolina foenisecii (Pers.:Fr.) Maire [ma secondo la recente revisione tassonomica di Gerhardt (1996) Pan. sphinctrinus e Pan. retirugis sono entrambi sinonimi di Pan. papilionaceus (Bull.:Fr.) Quél. var. papilionaceus e Pan. rickenii è sinonimo di Pan. acuminatus (Schaeff.) Gillet]. Si tratta di specie dalle proprietà allucinogene incostanti e comunque deboli e le specie decisamente psilocibiniche del genere Psilocybe o dei funghi tropicali del genere Panaeolus non sono state sinora segnalate per il territorio greco. Non si deve dimenticare, a tal proposito, quell’importante e ancora isolato dato etnomicologico riportato da Carl Ruck, cioè che oggigiorno, in alcune regioni della Grecia, alla popolazione sono note specie di funghi allucinogeni differenti dall’agarico muscario, chiamati con il nome di “crazy mushrooms”. Sono riconosciuti come inebrianti e non come velenosi, “che inebriano come il vino, sebbene in una maniera totalmente differente” (in Wasson et al., 1978: 122).

5 – L’ipotesi si basa sul seguente ragionamento di A. Hofmann: “Tra i tipi di ergot prodotti dalle varie specie del genere Claviceps che si trovano su cereali e spighe selvatiche, ne esistono alcuni contenenti alcaloidi allucinogeni, gli stessi presenti nei convolvoli psicoattivi messicani. Questi alcaloidi – soprattutto ammide dell’acido lisergico, idrossietilamide dell’acido lisergico ed ergonovina – sono idrosolubili, al contrario di quelli non allucinogeni del tipo ergotamina ed ergotossina impiegati in medicina. Grazie alle tecniche e alle strumentazioni di cui disponevano gli antichi era quindi facile preparare un estratto allucinogeno a partire da determinati tipi di ergot” (Hofmann, in Wasson et al., 1978: 32).

6 – L’ipotesi di Hofmann necessita di una correzione, per via di una svista di carattere etnobotanico, già segnalata da Rätsch (1998: 643). Paspalum distichum L. è considerato dai tassonomisti un nomen ambiguus, cioè non riferibile con certezza ad alcuna singola specie conosciuta. P. distichum auct. (e non L.) è invece considerato sinonimo di P. paspaloides (o paspalodes) (Michx.) Scribn (nota nell’America del Nord con i termini inglesi knotgrass, jointgrass). Ma il dato più importante che si è evidenziato in seguito a un’indagine sugli studi sul genere Paspalum, attraverso l’interessamento del botanico Francesco Festi del Museo Civico di Rovereto, consiste nel fatto che le origini di questa specie – come quelle della maggior parte delle oltre 250 specie di Paspalum – sono americane e la sua diffusione in Europa è posteriore ai tempi della Conquista (Garbari, 1972). Meno del 10% di specie di Paspalum è nativo delle regioni tropicali e raramente subtropicali africane e asiatiche. La ricerca di Festi ha portato a concludere che “quasi tutte le specie, originarie del Nuovo e del Vecchio Mondo, si sono diffuse in tempi recenti per azione, volontaria o meno, dell’uomo: vuoi perché inizialmente coltivate come foraggio e poi inselvatichite, vuoi perché importate e diffuse assieme ad altre sementi coltivate (per esempio foraggi o cereali). Escluderei dunque la presenza di P. paspalodes nella Grecia classica” (Festi, 1998). Claviceps paspali è per di più una specie di ergot che infetta esclusivamente graminacee del genere Paspalum (Grasso, 1955) e la sua presenza in Europa è legata alla recente diffusione delle sue piante ospiti. Basti considerare che la presenza di C. paspali in Francia è stata registrata per la prima volta solamente nel 1991 (Raynal, 1996), e che parrebbe che i botanici greci escludano la presenza di C. paspali oggigiorno in Grecia (Aaronson, 1989: 252). In Italia Paspalum dilatatum Poir. fu introdotto nel 1929 e apparve libero da ergot sino al 1948 (Tonolo, 1965). L’ipotesi ergotica del ciceone eleusino si appoggia anche alla frequente rappresentazione di cereali nell’iconografia legata ai Misteri di Eleusi. Tutte le specie di Paspalum succitate hanno un aspetto notevolmente differente da quello dei cereali coltivati per alimentazione umana: tra di esse spicca P. paspalodes, con l’infiorescenza costituita da due (raramente più) spighe sottili terminali al fusto. Parrebbe strano che una silouette così caratteristica non avesse trovato posto fra le immagini elusine. Né si può pensare ad un legame nascosto fra cereali coltivati e Paspalum, avendo le specie di questo genere un’ecologia notevolmente diversa (riso a parte) e non essendo infestanti delle coltivazioni diffuse nella Grecia classica (Festi e Samorini, 1999). Da tutto ciò se ne deduce che la seconda delle tre possibilità offerte da Hofmann circa la preparazione del ciceone a base di ergot, è da escludere. Questa riduzione delle possibilità proposte dal chimico svizzero non sminuisce tuttavia il valore e la possibilità dell’ipotesi ergotica.

7 – Etymologicum Gaudianum 210-25, cit. in Wasson et al., 1978: 116.

8 – Hist.Plant., VIII.10.2; VIII.8.3.

9 – Plinio, Hist.Nat., XXI, 128.

ri_bib

AARONSON S., 1989, Fungal parasites of grasses and cereals: their rôle as food or medicine, now and in the past, Antiquity, vol. 63, pp. 247-257.

BURKERT WALTER, 1989, Antichi culti misterici, Laterza, Bari.

CALLIPOLITIS-FEYTMANS DENISE, 1970, Déméter, Corè et les Moires sur des vases corinthiens, Bulletin des Correspondences Hélleniques, vol. 94, pp. 45-65.

CASSOLA FABIO (cur.), 1981, Inni Omerici, Mondadori, Milano.

CHIRASSI I., 1968, Elementi di culture precereali nei miti e riti greci, Edizioni dell’Ateneo, Roma.

COLE J.R. et al., 1977, Paspalum staggers: Isolation and identification of tremorgenic metabolites from sclerotia of Claviceps paspali, Journal of Agricultural and Food Chemistry, vol. 25, pp. 1197-1201.

DEMARGNE PIERRE, 1988, Arte egea, Rizzoli, Milano.

FESTI FRANCESCO, 1998, Comunicazione personale.

FESTI FRANCESCO & GIORGIO SAMORINI, 1999, Claviceps paspali and the Eleusinian kykeon: a correction, The Entheogen Review, vol. 8(3), pp. 96-97.

FLATTERY D.S. & M. SCHWARTZ, 1989, Haoma and Harmaline, University of California, Berkeley.

GALLAGHER R.T. et al., 1980, Paspaline, a tremorgenic metabolite from Claviceps paspali Stevens & Hall, Tetrahedron Letters, pp. 235-238.

GARBARI F., 1972, Il genere Paspalum L. (Gramineae) in Italia, Atti Società Toscana Scienze Naturali Memorie ser. B, vol. 79, pp. 52-65.

GERHARDT E., 1996, Taxonomische Revision der Gattungen Panaeolus und Panaeolina (Fungi, Agaricales, Coprinaceae), Stuttgart, E. Schweizerbart’sche.

GRASSO V., 1955, Rassegna delle specie di Claviceps e delle loro piante ospiti, Annali Sperimentali Agricoli N.S.Roma, 9(1), Suppl. li-lxxxix, Suppl. pp. xcvii-cxii.

GRAVES ROBERT, 1956 (1960), Food for Centaurs, New York, Doubleday (Castillan edition: La comida de los Centauros y otros ensayos, 1994, Madrid, Alianza, pp. 61-93).

GRAVES ROBERT, 1984, Los dos nacimientos de Dioniso y otro ensayos, Seix Barral, Barcelona.

GUERRA DOCE ELISA, 2006, Las drogas en la Prehistoria. Evidencias arqueológicas del consumo de sustancias psicoactivas en Europa, Bellaterras Ediciones, Barcelona.

KERÉNYI KAROL, 1991, Eleusis. Archetypal Image of Mother and Daughter, Princeton University, Princeton, New Jersey (edizione originale tedesca del 1962, Die Mysterien von Eleusis. Zürich, Rhein).

JUAN-TRESSERRAS JORDI, 2000, La arqueología de las drogas en la Penísula Ibérica. Una síntesis de las recientes investigaciones arqueobotánicas, Complutum, vol. 11, pp. 261-274.

JUAN-TRESSERRAS JORDI, 2002, Estudi del residus orgánicvs per a la identificacióde possibles ritus i ofrenes, in: E. Pons (cur.), Mar Castellar de Pontós 8Alt Empordà). Un complex arqueològic d’època ibèrica (Excavacions 1990-1998), Museu d’Arqueologia de Catalunya, Girona, pp. 548-556.

MERLIN D. MARK, 1984, On the Trail of the Ancient Opium Poppy, Associated University, London & Toronto.

OTT JONATHAN, 1994, La historia de la planta del “Soma” después de R.G. Wasson, in: J.M. Fericgla (Ed.), Plantas, Chamanismo y Estados de Consciencia, Barcelona, Los Libros de la Liebre de Marzo, pp. 117-150.

OTT JONATHAN, 1998, La storia della pianta del soma dopo gli studi di Wasson / The Post-Wasson History of the Soma Plant, Eleusis, n.s., vol. 1, pp. 9-37.

PETTAZZONI RAFFAELE, 1924, I Misteri, Zanichelli, Bologna (ristampa 1997, Cosenza, Lionello Giordano).

PICARD CHARLES, 1951, La patère d’Aquileia et l’Éleusinisme a Rome aux débuts de l’époque impériale, Antiquitées Classiques, vol. 20, pp. 351-381.

RÄTSCH CHRISTIAN, 1998, Enzyklopädie der psychoaktiven Pflanzen, Aarau, Schweiz, at Verlag.

RAYNAL G., 1996, Présence en France de Claviceps paspali Stev. et Hall. sur Paspalum distichum L. et de l’ergotisme correspondant sur le bètail, Cryptogical Mycology, vol. 17(1), pp. 21-31.

RUCK A.P. CARL, 1986, Mushrooms and Philosophers, in: Wasson et al., op.cit., pp. 151-177 (originally in J. Ethnopharm. 4: 179-205, 1981).

SAMORINI GIORGIO, 1995, Gli allucinogeni nel mito. Racconti sulle origini delle piante psicoattive, Nautilus, Torino.

SAMORINI GIORGIO, 2000, Un contributo alla discussione dell’etnobotanica dei Misteri Eleusini / A contribution to the discussione on the ethnobotany of the Eleusinian Mysteries, Eleusis, n.s., 4: 3-53.

SAMORINI GIORGIO, 2008, L’uso di sostanze psicoattive nei Misteri Eleusini, in: F. D’Andria et al. (Eds.), Uomini, piante e animali nella dimensione del sacro, Seminario di Studi di Bioarcheologia, 28-29 giugno 2002, CNR e Università del Salento, Edipuglia, Bari, pp. 217-233.

SCHMIDBAUER W., 1968-69, Halluzinogene in Eleusis?, Antaios, vol. 10, pp. 18-37.

SFAMENI GASPARRO GIULIA, 1986, Misteri e culti mistici di Demetra, L’Erma di Bretschneider, Roma.

TONOLO A., 1965, Sul probabile significato della presenza di alcaloidi negli sclerozi naturali di Claviceps paspali, Giornale Botanico Italiano, vol. 72, pp. 27-30.

VALENČIČ IVAN, 1994, Has the Mistery of the Eleusinian Mysteries been solved?, Jahrbüch für Ethnomediz. Bewusstseinsf., vol. 3, pp. 325-336.

ZERVAKIS G., D. DIMOU & C. BALIS, 1998, A Check-list of the Greek Macrofungi including Host and Biogeographic Distribution: I. Basidiomycotina, Mycotaxon, vol. 66, pp. 273-336.

WASSON G. ROBERT, ALBERT HOFMANN & CARL A.P. RUCK, 1978, The Road to Eleusis. Unveiling the Secret of the Mysteries, Harcourt Brace Jovanovich, New York & London.

 

 

Un Commento

  1. Pubblicato Maggio 29, 2014 alle 1:10 pm | Link Permanente

    Mi sembra un poco eccessivo come prezzo, visto che è scaricabile liberamente dal web

Scrivi un Commento

Il tuo indirizzo Email non verra' mai pubblicato e/o condiviso. I Campi obbligatori sono contrassegnati con *

*
*

  • Search