Inebrianti maya e aztechi
updated: 2020-05-31T21:19:44+01:00
by giorgio
The Mayan and Aztec inhebriants
Gli Aztechi e i Maya erano profondi conoscitori di un complesso insieme di vegetali psicoattivi, che utilizzavano nel corso delle cerimonie festive, religiose, divinatorie. Oltre al tabacco e al pulque (bevanda fermentata ricavata dalla linfa di specie di agave), funghi e piante allucinogene erano utilizzate ritualmente e inserite nelle complesse cosmogonie e, spesso, divinizzate.
Immagini dal Manoscritto azteco De la Cruz-Badianus, conservato presso la Biblioteca Nacional de Antropología e Historia di Città del Messico. (a sinistra) Tolohuaxihuitl (Datura innoxia Miller), tav. 41 (al centro) Azcapanyxhua tlahçolpahtli (specie di Datura), tav. 20; (a destra) Due specie di Datura (tolohuaxihuitl, nexehuac), dalla tav. 49. La pianta di sinistra è identificabile con Datura innoxia Miller; quella di destra è probabilmente Datura caeratocaula Ortega.
Dai trattati dei primi cronisti europei (fra cui Bernardino de Sahagún, Francisco Hernández, Martín de la Cruz) conosciamo nomi e usi di queste piante presso gli Aztechi, ma non sempre è possibile identificare la reale fonte botanica.
Indicativo a tale riguardo è un passo della Historia de Tlaxcala, scritta da Diego Muñoz Camargo nel 1591:
“Inoltre prendevano cose e le mangiavano e bevevano per indovinare il futuro, con le quali si addormentavano e perdevano i sensi, e con quelle vedevano visioni spaventose, e visibilmente il demonio con queste cose che bevevano, che una si chiamava Peyotl, e altra erba che si chiama Tlapatl, e altro seme che chiamano Mixitl, e la carne di un uccello che chiamano Pito nella nostra lingua, essi lo chiamano Oconenetl, che mangiata la carne di questo uccello, provoca a vedere queste visioni. La stessa proprietà ha un fungo piccolo e zancudo [con il gambo lungo?] che i nativi chiamano Nanacatl. Di queste cose usavano più i Signori che la gente plebea: lasciando a parte i vini che avevano, che quando si ubriacavano, durante le loro ubriachezze vedevano anch’essi grandi visioni e molto strane, sebbene l’ubriachezza fosse molto proibita fra loro, e non bevevano vino se non i molto vecchi e anziani; e quando un giovane lo beveva e si ubriacava moriva per questo, ed è per questo che si dava solamente ai più vecchi della Repubblica, o quando si faceva una qualche festa molto importante si dava con molta temperanza agli uomini qualificati, vecchi onorati e giubilati nelle cose della guerra” (I, XVI, 246-7).
Diversi di questi vegetali psicoattivi sono raffigurati nei reperti archeologici, quali le pietre-fungo maya, la statua azteca di Xochipilli, gli affreschi di Teotihuacan, così come nei Codici del periodo della Conquista. Disponiamo anche di una ricca documentazione scritta dei primi cronisti occidentali e gli atti dell’Inquisizione dei periodi coloniali, che testimoniano l’impiego di fonti inebrianti presso le popolazioni messicane. Per questo tipo di documentazione si vedano le rispettive pagine:
(a sinistra) Tlapalcacahuatl, pianta del cacao (Theobroma cacao), dalla tavola 68 del Manoscritto azteco De la Cruz-Badianus; (a destra) Raffigurazione dell’ololiuhqui nel Codice Fiorentino
Piante psicoattive azteche (da Jan G. R. Elferink, 1988)
Inebrianti maya e aztechi
The Mayan and Aztec inhebriants
Gli Aztechi e i Maya erano profondi conoscitori di un complesso insieme di vegetali psicoattivi, che utilizzavano nel corso delle cerimonie festive, religiose, divinatorie. Oltre al tabacco e al pulque (bevanda fermentata ricavata dalla linfa di specie di agave), funghi e piante allucinogene erano utilizzate ritualmente e inserite nelle complesse cosmogonie e, spesso, divinizzate.
Immagini dal Manoscritto azteco De la Cruz-Badianus, conservato presso la Biblioteca Nacional de Antropología e Historia di Città del Messico. (a sinistra) Tolohuaxihuitl (Datura innoxia Miller), tav. 41 (al centro) Azcapanyxhua tlahçolpahtli (specie di Datura), tav. 20; (a destra) Due specie di Datura (tolohuaxihuitl, nexehuac), dalla tav. 49. La pianta di sinistra è identificabile con Datura innoxia Miller; quella di destra è probabilmente Datura caeratocaula Ortega.
Dai trattati dei primi cronisti europei (fra cui Bernardino de Sahagún, Francisco Hernández, Martín de la Cruz) conosciamo nomi e usi di queste piante presso gli Aztechi, ma non sempre è possibile identificare la reale fonte botanica.
Indicativo a tale riguardo è un passo della Historia de Tlaxcala, scritta da Diego Muñoz Camargo nel 1591:
“Inoltre prendevano cose e le mangiavano e bevevano per indovinare il futuro, con le quali si addormentavano e perdevano i sensi, e con quelle vedevano visioni spaventose, e visibilmente il demonio con queste cose che bevevano, che una si chiamava Peyotl, e altra erba che si chiama Tlapatl, e altro seme che chiamano Mixitl, e la carne di un uccello che chiamano Pito nella nostra lingua, essi lo chiamano Oconenetl, che mangiata la carne di questo uccello, provoca a vedere queste visioni. La stessa proprietà ha un fungo piccolo e zancudo [con il gambo lungo?] che i nativi chiamano Nanacatl. Di queste cose usavano più i Signori che la gente plebea: lasciando a parte i vini che avevano, che quando si ubriacavano, durante le loro ubriachezze vedevano anch’essi grandi visioni e molto strane, sebbene l’ubriachezza fosse molto proibita fra loro, e non bevevano vino se non i molto vecchi e anziani; e quando un giovane lo beveva e si ubriacava moriva per questo, ed è per questo che si dava solamente ai più vecchi della Repubblica, o quando si faceva una qualche festa molto importante si dava con molta temperanza agli uomini qualificati, vecchi onorati e giubilati nelle cose della guerra” (I, XVI, 246-7).
Diversi di questi vegetali psicoattivi sono raffigurati nei reperti archeologici, quali le pietre-fungo maya, la statua azteca di Xochipilli, gli affreschi di Teotihuacan, così come nei Codici del periodo della Conquista. Disponiamo anche di una ricca documentazione scritta dei primi cronisti occidentali e gli atti dell’Inquisizione dei periodi coloniali, che testimoniano l’impiego di fonti inebrianti presso le popolazioni messicane. Per questo tipo di documentazione si vedano le rispettive pagine:
(a sinistra) Tlapalcacahuatl, pianta del cacao (Theobroma cacao), dalla tavola 68 del Manoscritto azteco De la Cruz-Badianus; (a destra) Raffigurazione dell’ololiuhqui nel Codice Fiorentino
Piante psicoattive azteche (da Jan G. R. Elferink, 1988)
Si vedano anche:
DE LA CRUZ MARTÍN, 1552, Libellus de medicinalibus indorum herbis, México.
ELFERINK G.R. JAN, 1988, Some Little-Known Hallucinogenic Plants of the Aztecs, Journal of Psychoactive Drugs, vol. 20, pp. 427-435.
HERNÁNDEZ FRANCISCO, 1571-1576, Historia natural de Nueva España, México.
MUÑOZ CAMARGO DIEGO, 1591, Historia de Tlaxcala, Tlaxcala.
RUIZ DE ALARCON HERNANDO 1629, De la superstición del ololiuhqui, Del uso y de los inconvenientes que se siguen de la superstición del ololiuhqui, in: Tratado de las supersticiones y costumbres gentilicas, México.
SAHAGUN BERNARDINO, 1545-1577, Historia general de las cosas de Nueva España, México.